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 Non molto tempo fa vidi su un giornale una pubblicità relativa al servizio di una importante azienda che associava all’immagine provocante di una parte del corpo di una donna il seguente, immaginariamente sollecitante, invito: “sculacciami !”

In questo caso è la parola che specifica l’immagine, che segna la “qualità” del messaggio. La parola chiarisce quale debba essere l’uso del corpo dell’altro.

Non vedo chi c’è in quel corpo. L’altro è solo una parte di corpo, ciò che mi può servire, ciò che può darmi godimento. E’ la parcellizzazione e uso del corpo. E’ ritornare alla dimensione del “perverso polimorfo” come viene definito da Freud il bambino.

La locuzione utilizzata vuole far intendere un gioco innocente, quasi simpatico, rimandando in ogni caso ad un rapporto di potere tra l’uno e l’altro; in questo caso tra l’uomo e la donna. Rapporto di potere che non è unidirezionale dell’uomo sulla donna ma induce anche al rovesciamento di tale rapporto, cioè della donna che attrae seduttivamente l’uomo e che attraverso ciò lo piega al suo desiderio.

Tutto ciò, però, sempre restando entro la logica del corpo dell’uno che decide sull’altro, dell’uomo che determina l’azione della donna. Su questa visione si potrebbe aprire un confronto di opinioni, sul ruolo della donna ma anche sulla psicologia femminile e discutere se la seduzione femminile sia solo un fattore sociale e culturale, oppure sia anche una dimensione propria della sua struttura psichica e relazionale. Non ne usciremmo, anche se le due dimensioni sono strettamente legate correlate.

Ciò che invece può essere considerato è il linguaggio e l’uso che di esso se ne fa. In questo messaggio pubblicitario la parola è il messaggio.

Ormai saturi di immagini di corpi attraenti e provocanti, si ricorre, si ritorna, alla parola quale elemento di sollecitazione dei desideri erotici e sensuali di chi guarda. L’immagine attiva la fantasia ed anche la fantasmatica di un possibile illimitato,  prima che nell’incontro con la realtà, la frustrazione riconduca entro l’alveo del limite il desiderio. Condizione, questa, strutturale  dell’essere umano.

Di fronte all’immagine il soggetto si trova comunque confrontato ai propri desideri. La parola, viceversa, ha un potere maggiore nell’indirizzare in modo ancor piu’ deciso il desiderio del soggetto, indicandogli, nell’esempio in questione,  in quale direzione andare nell’uso del corpo dell’altro.

L’uomo che guarda l’immagine ne è attratto, ne gode della visione ma è ancora in una posizione di sguardo, in un certo modo di attesa e ciò concede ancora qualche spazio alla soggettività di chi abita quel corpo. La parola, invece, associata, in aggiunta all’immagine, indica in colui che legge, l’atteggiamento e poi l’azione da attuare in rapporto a quel corpo. In questo modo sottrarre, in chi legge,  una quota maggiore,  rispetto all’effetto prodotto dall’immagine, di soggettività. Detto in altri termini: di libertà.

La locuzione, “sculacciami” manca di rispetto non solo nei confronti di chi abita quel corpo, e per esteso alle donne che si vedono associate ad esso,  ma anche nei confronti dell’uomo che vede o legge quell’annuncio, a sua volta usato e “menato per il naso” come uno stupido bambino. La sessualità e la sensualità ciascuno può viverla ed esprimerla secondo il sentire proprio e della propria coppia.

Per quanto detto, è in riferimento all’uso che l’Altro – commerciale, sociale – sollecita a fare del corpo dell’altro simile che affermoche questo messaggio è pornografico, se non perverso.