“Processo l’Aquila, condannati tutti i membri della commissione «Grandi rischi». Sei anni per omicidio colposo plurimo e lesioni colpose: rassicurazioni circa l’improbabilità di una forte scossa”-(Corriere della Sera – 23 ottobre 2012)

terremoto aquilaSenza entrare nel merito delle questioni tecniche, geologiche e fisiche, legate ad un evento ancora imprevedibile, quale è un terremoto e senza sottovalutare il dolore e il terrore che essso porta con sè, è interessante osservare come questa sentenza sia, pur nella sua razionale logicità, in linea con la cultura contemporanea.

La cultura della negazione del limite perchè tutto deve essere prevedibile, risolvibile, colmabile. Ad ogni evento c’è una risposta che calma e acquieta, in fondo che ci libera dalla colpa di non avere risposte.

Non accettare l’impossibile, nella speranza illusoria e allucinata di una onnipotenza che possa vincere la condizione dell’essere vivente, nella sua legge estrema, terribile ma tragicamente umana, della morte.

E’ la stessa logica che anima il ricorso forsennato alle cure estetiche, alle metodiche innovative inerenti la nutrizione, a tutto il fiorire della cultura del benessere.

Negare il limite, in altre parole, negare la castrazione.

Fattore strutturale del soggetto umano; elemento che toglie dolorasemente per poi dare.

Senza questo passaggio l’uomo non potrà mai essere libero. Libero nella sua condizione limitata, cioè umana, unica possibile per esprimere sè stesso, le proprie  autentiche potenzialità e realizzare i propri desideri.

Altrimenti è l’apertura infinita e folle dell’onnipotenza che porta dentro di sè il nucleo dell’autodistruzione.