depressione e crisi economicaLa cronaca in questi tempi di depressione e crisi economica è colma di fatti e di racconti dolorosi, talvolta drammatici: soprattutto i piccoli imprenditori che scelgono tragicamente di chiudere con la vita, ed altri che si sentono sopraffare dall’angoscia.

Si tratta generalmente di piccoli e medi imprenditori, persone che vivono l’azienda in modo totalizzante; catalizzando su di essa le proprie energie, fisiche, psichiche ed emotive.

“Io sono la mia azienda”, potrebbero dire. L’identità professionale coincide e assorbe totalmente la rappresentazione che il soggetto ha di sè. Proprio in ragione di ciò essi vivono, la chiusura dell’azienda, come una perdita insanabile; un fallimento personale, di essi stessi come uomini e non solo come imprenditori.

Fallimento, perdita, solitudine, vergogna, angoscia, disperazione. E’ questa la nera rosa dei sentimenti che l’imprenditore sperimenta quando sopraffatto dalle difficoltà non sa dove “sbattere la testa” per ritrovare fiducia e speranza nel futuro.

Così, diventa insostenibile lo sguardo dell’altro. Lo sguardo della moglie, soprattutto, e dei figli. Quello dei propri dipendenti. Lo sguardo sociale, della città, del paese, della categoria professionale.
Sentirsi giudicato e giudicarsi un inetto, una persona che ha deluso le aspettative proprie e degli altri, con l’insinuante dubbio di aver osato aldilà delle proprie capacità.

I vissuti possono essere di due tipi. I primi persecutori, nel sentirsi vittima di ingiustizie e di responsabilità esterne, verso le quali reagire, protestare anche in modo veemente, fino a giungere, a situazioni estreme come nel noto fatto di Romano di Lombardia.

I secondi severamente autocritici, laceranti dall’interno l’individuo, il quale giunge ad attribuire a sè stesso il risultato negativo, convincendosi di esserne, per proprie incapacità, il responsabile. Il soggetto vive una condizione di solitudine e di disperazione, sulle quali facilmente si installa la depressione.

Depressione e crisi economica, cosa fare in questi casi?

Uscire dall’angolo, fatto di silenzio, di dolore, e di angoscia, nel quale ci si è rinchiusi, parlare del proprio disagio, ed una cosa terribile per chi ha fatto sempre tutto da sè: chiedere aiuto. Alla moglie, alla rete professionale e alle associazioni di categoria, allo psicologo. Non aver paura di abbandonare l’immagine di uomo di successo, forte, sicuro di sè.

Ci sono momenti nella vita nei quali ci si trova confrontati alla parte piu’ autentica di sè, senza schermi immaginari.
La crisi economica che porta alla disperazione un imprenditore può essere esemplificativa di queste situazioni.
L’esperienza mi ha insegnato che queste sofferenze diventano occasione per una ripartenza piu’ consapevole e sicura, e sono spesso anche l’occasione per un rimescolamento delle priorità e dei valori sui quali si è orientata la propria esistenza.

E’ solo accettando la debolezza, partendo dalla quale ciascuno di noi, uomo e donna, si è potuto costruire che si ritroverà sè stessi, le propria capacità, riattivando in questo modo le energie, la volontà e il desiderio.
Possibilità ancor piu’ vera per chi come un imprenditore ha fatto del coraggio, della fiducia in sè, dell’iniziativa, i cardini sui quali costruire la propria realtà.

Ed è bene sapere che le qualità di cui uomo dispone non vanno perdute.